Il tè delle cinque? A Villa di Baggio è una vera Favola

Il tè delle cinque? A Villa di Baggio è una vera “Favola”.

Se c’è una cosa che ci ha insegnato questo maledetto periodo legato alla pandemia causata dal famigerato Covid 19, è un qualcosa che moltissimi di noi sapevano già, ma che forse avevano fatto finta di dimenticare: nelle grandi città, o comunque nei grandi agglomerati urbani, sebbene vi si trovino con facilità i cd “servizi”, la qualità della vita è decisamente diversa da quella che si può trovare nei piccoli e piccolissimi borghi di cui il nostro splendido paese è colmo.

Diversa, e per questo, né meglio, né peggio, dato che non è certamente possibile stabilire a priori quale sia il miglior posto nel quale vivere; sono troppi i fattori in gioco. Però, per tentare di darci una risposta, proviamo almeno a chiederci in quale parte del territorio si può pensare di farlo in un modo diverso. Più umano? Forse.

E non è un caso se, collegato a ciò che abbiamo recentemente vissuto e che in parte stiamo purtroppo rivivendo, anche alcuni grandissimi architetti e urbanisti stiano lasciando filtrare ipotesi progettuali che vanno in tale direzione: «Non costruiamo più nuove metropoli attaccate a quelle vecchie già sature» dicono «ma recuperiamo e ripopoliamo i nostri piccoli paesi, molti dei quali abbandonati o comunque scarsamente abitati, e che per nostra fortuna spessissimo si trovano a pochi chilometri di distanza dalle città».

Spostarsi per brevi distanze con relativa facilità oggi non rappresenta certamente qualcosa di impossibile da fare, e forse, con una sapiente, vasta e oculata operazione politica, si può far diventare realtà quella che oggi sembra soltanto un’utopia.

Nell’immediato, tornando per un istante al tema pandemia, basta limitarsi a considerare come le grandi città abbiano tremendamente sofferto le forzate chiusure e confrontarlo con il modo in cui hanno invece reagito coloro che hanno affrontato lo stesso problema vivendo nei piccoli agglomerati extra urbani. Usando un termine sportivo, diciamo che non c’è stata proprio partita. I “piccoli” hanno battuto i “grandi” con un punteggio tennistico.

Sicuramente però a questo punto vi starete chiedendo cosa c’entra tutto ciò di cui avete letto sinora con il titolo e la vicenda del tè. Ci arrivo subito, e vi parlerò di una piccolissima storia che mi hanno recentemente raccontato. L’antefatto però era necessario per iniziare a entrare nel contesto di cui parlerò.

Pistoia, la città in cui vivo ormai da moltissimi anni, ha tutto attorno a sé un’amplissima “cintura” formata da una miriade di paesi, borghi, piccoli e piccolissimi centri abitati. Io e la mia famiglia, con una scelta operata ormai da oltre 15 anni, viviamo in uno di questi: Iano, che, assieme ad altri – e cito soltanto i più “grandi” quali Lupicciano, Baggio, Villa di Baggio –  formano la valle delle Buri, dove per Buri si intendono un paio di torrentelli che scorrono al suo interno.

In linea d’aria siamo a circa sei – sette chilometri dal centro storico cittadino, e a Iano, come negli altri paesi sopra citati, l’altitudine media si attesta sui quattrocento metri. Boschi, torrentelli, campi, un mare di olivi, gente simpatica e sempre pronta a dare una mano ci fanno compagnia, assieme ad altre presenze un poco meno gradite, o forse semplicemente più “ingombranti” quali cervi e cinghiali; ma, dopotutto, questa è soprattutto casa loro.

Un posto ideale? Ovviamente no, quello non credo che esista. Anche qui manca qualcosa: c’è chi non riesce ad avere internet iperveloce, altri non riescono a prendere la linea con gli smartphone; i servizi quali banca, edicola, farmacia non ci sono; bisogna scendere giù, verso la città, e il servizio degli autobus andrebbe potenziato. Però qui si vive veramente bene, e da qualche tempo stiamo assistendo a un vero “ritorno indietro”. Le case vuote piano piano si riempiono e sempre più persone si stanno interessando a questa piccola valle.

Ho detto pocanzi cosa manca, adesso vi parlo invece di una realtà che c’è, e della quale la gente del posto è orgogliosissima: il tè delle cinque.

«Di nuovo con questo tè! Ma insomma!»

Giustissimo, e avete anche ragione, perché non è del tè che gli abitanti della valle sono orgogliosi, ma della loro piccola ma efficientissima scuola comunale dell’infanzia, “La Favola” di Villa di Baggio, nella quale un gruppo magnifico formato da insegnanti e personale di supporto, oltre a svolgere un ottimo percorso didattico, ogni tanto organizza, tra le altre tantissime piccole ma grandi iniziative, anche il tè delle cinque per i piccoli che la frequentano.

E con il tè, i biscotti e la lettura di bellissime storie ascoltate comodamente seduti in cerchio nei grandi e luminosi locali che compongono la scuola, materialmente realizzati – caso forse più unico che raro –  nell’anno 1969 e in soli sei mesi dagli abitanti del paese, che li hanno poi donati al Comune di Pistoia.

Sono diciotto i bambini che la frequentano, divisi, come prevedono le normative, in tre cicli, ma tutti uniti in un unico affiatatissimo gruppo. E due sono le loro insegnanti, più altrettante collaboratrici scolastiche.

«A scuola – la scuolina la chiamano quelli del posto – si gioca, si impara, si pranza, e se si vuole vi si fa anche il sonnellino pomeridiano. E poi ci si fanno tantissime altre cose, quelle che ovviamente si fanno anche in tutte le altre scuole dell’infanzia, solo che qui, a Villa di Baggio», raccontano i bambini, «oltre a disegnare, capire come si fa a stare bene assieme, ascoltare le storie che le maestre ci raccontano, fare tantissimi “lavoretti”, si può anche andare con loro a raccogliere le castagne, osservare il colore degli alberi mutare con l’avvicendarsi delle stagioni, fare l’orto e vedere crescere l’insalata. E si può, senza averne paura, parlare dei cervi e del lupo, ma anche dell’Uomo Ragno, dei mezzi dei Vigili del Fuoco e persino dei Minions, perché qui le maestre conoscono davvero proprio tutto».

Ma anche “La Favola” mi hanno detto alcuni abitanti corre dei rischi, e i pochi bambini che la frequentano, paradossalmente, da punto di forza didattico qual è, diventano il suo unico punto debole: con il diminuire delle presenze può esserci il tristissimo rischio di una conseguente chiusura.

E qui, come avviene nel gioco dell’oca, torniamo al punto di partenza: detto che ormai è un fatto consolidato ipotizzare che “piccolo è spesso meglio”, dobbiamo tutti assieme, politica in testa, ricercare un diverso modo di vivere le periferie collinari, creandovi le necessarie condizioni affinché tanti si decidano a fare il percorso inverso: lasciare la vicinissima città per andare a vivere lassù anche se internet a volte va piano e non sempre c’è campo per il telefonino. Tornare cioè a ripopolare le nostre colline, e ovviamente a portarci i figli, magari iscrivendo quelli piccoli alla scuolina di Villa di Baggio, facendo così in modo che la favola della “Favola” rimanga esattamente quella che deve essere, compreso il più classico dei finali: «e vissero tutti felici e contenti».

Questo articolo è già stato pubblicato su https://arteventinews.it/

Le fotografie sono state messe a disposizione da Marco Tosi

Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.