La Calabria, la poesia, e… Fabio Strinati, poeta

La Calabria e la poesia di Fabio Strinati, poeta.

“Per leggere un romanzo ci vogliono due o tre ore. Per leggere una poesia ci vuole una vita intera”. (Christian Bobin)

Perché inizio con questa frase?

Perché nell’intervista che vado a proporvi parleremo (almeno virtualmente) con un poeta. Un giovane, affermatissimo poeta, Fabio Strinati, del quale ho avuto il piacere di leggere l’ultima raccolta: “La Calabria e una pagina”.

Un libro allo stesso tempo dolcissimo e aspro, che sembra raccontare un viaggio in terre e schegge di vita d’altri tempi.

Un libro pieno di parole (Fabio, come quasi tutti i poeti sanno fare, ne usa tantissime, e ognuna è posta sapientemente al suo posto, e nessuna è mai di troppo) che si trasformano magicamente in immagini da… leggere.

Un libro che è piacevole scoprire sin dalle prime pagine, grazie anche alla splendida presentazione del professor Pasquale De Luca, presidente, tra le altre cose che fa, del Premio di Poesia “Tropea: Onde Mediterranee”.

Dice De Luca, svelando già in queste sue frasi il senso privato dell’autore del libro: …Ed è pura poesia quella che ci propone il nostro Strinati. Poesia fatta di contemplazione, di passione, dove l’amore per la natura, per la terra fruttifera, da curare, da rispettare, è pari all’amore per l’Uomo, per la Libertà.

E parlando con Fabio, leggendo di lui, e navigando tra le sue rime e non rime come un tempo hanno fatto tanti viaggiatori, perdendomi tra le sue parole e le sue visioni, anch’io ho scoperto un uomo vero, ricco di passioni, contraddizioni, certezze e insicurezze, esattamente quelle che ogni essere umano ha ricevuto in dono.

Ma non voglio anticipare niente, anche se molto ho già detto. Voi seguitemi in questo viaggio e vedrete che al termine vi verrà voglia di partire di nuovo, magari per perdervi tra le pagine di “La Calabria e una pagina”.

Fabio, su di te ho trovato, curiosando su Internet, tantissime definizioni: schivo, ribelle, chiuso, disobbediente, riservato, introverso, pacifista, antimilitarista, poeta, contadino, anarchico, artista versatile, scrittore, pianista, compositore, eccetera. Tante definizioni, forse troppe, ma chi è veramente Fabio Strinati?

Forse tutto questo, o forse nulla, nel senso che… sono un po’ sorpreso anch’io nel leggere tutte queste espressioni! Con tutta franchezza, non penso di essere camaleontico, ma piuttosto, amo definirmi: “Folle – Poliedrico”. Su questo pianeta, sono una minuscola particella in continuo movimento; una barca che transita in mare aperto, al ritmo del valzer. Di conseguenza penso che per descrivermi con assoluta precisione, bisognerebbe trovare un termine unico, forse, un neologismo che… racchiuda un po’ tutti quelle definizioni.

Leggendo di te e su di te, molte cose saltano subito all’occhio: dalla tua profonda attenzione ai bisogni del pianeta Terra, ai temi sociali e umani, all’assoluto rispetto per la donna e per i suoi valori. Quanto può un artista incidere su temi di questa portata utilizzando le parole di una poesia?

Ho sempre pensato che una parola, un gruppo di parole o un testo poetico, siano così potenti e devastanti, tali da riuscire a scacciare un esercito, o addirittura, cambiare il mondo.  In meglio, ovviamente! La parola è come un enorme serbatoio dove si mescolano le più alte lotte della vita. Mentre un libro di poesia, è un poderoso contenitore di tante parole che lottano per un fine comune.  La teoria, non sembra poi molto complessa!

Restando ancora un momento su questi temi, tu sei “da sempre” schierato contro gli abusi nelle carceri, il femminicidio, l’egoismo, le guerre, il razzismo, tanto che qualcuno ha scritto che tu “utilizzi la tua arte come forma di ribellione e strumento di denuncia”. Mentre capisco che la poesia possa essere anche una denuncia, mi chiarisci il concetto della ribellione?

Ribellione intesa come: “scintilla che brucia, che scalpita, che si dimena e perché no, che arranca!”. Spesso, sento il bisogno di mettere in moto gli anticorpi, e di conseguenza, mi servo (con avidità) della mia arte per difendermi da qualche possibile attacco esterno. Sì perché… l’unico modo che ho per difendermi (o almeno, l’unico che al momento io conosca), è quello di utilizzare, con sapienza, prudenza e precisione, il mio autentico linguaggio, ovvero: il corpo, i segni, il suono, la parola… e il silenzio.

Tu sei un personaggio apparentemente complesso. Un “qualcosa” che sembra voler rompere con l’uso sapiente delle parole molti schemi classici. Tra le altre cose hai detto: «Poesia è quel suono che si rincorre fra una parola e l’altra in un chiaroscuro di ombre rapide e lucenti… poesia corre veloce e sfugge alla vita nonostante la vita sia madre naturale ed artefice poetica dell’immortalità del dire…». Ovviamente questo è solo un estratto di un tuo pensiero molto più articolato, ma in queste poche righe definisci la Poesia come un suono che corre via veloce sfuggendo alla vita. È un concetto basato sul pessimismo, oppure in realtà è un inno al valore estremo della vita?

Essere se stessi, significa mettersi a nudo; né più e né meno, mostrarsi in maniera veritiera e genuina; la spontaneità è un grande dono, una qualità eccelsa. Tutto questo, ti porta a vedere e a toccare delle cose con estrema naturalezza: non c’è pessimismo, ma piuttosto, un continuo ricercare il dettaglio, scavare in profondità, andare oltre, gettare lo sguardo al di là. Posso anche essere complesso, ma se la mia complessità è frutto dell’”ovvio”, o della semplicità, quest’ultima intesa come “dimensione assolutamente naturale”, allora, la mia complessità non è poi tanto complessa!

«Io mi nutro del dolore, della solitudine, dellinquietudine. Sono attratto da tutte quelle dimensioni che si muovono in ambienti nebulosi, nebbiosi, offuscati nel didentro. Amo il chiaroscuro: tutto nasce dal mio stato danimo inquieto e ribelle!». Anche queste sono parole tue che ho tratto da una tua intervista. Ma veramente dolore, solitudine, inquietudine sono degli elementi che possono “nutrire” in positivo l’animo umano?

Se una persona è in grado di sintonizzarsi con il suo IO interiore, captare dei segnali, dialogare tra sé e sé, oppure, semplicemente sapersi ascoltare in profondità, sì, penso che il dolore, la solitudine e l’inquietudine, siano in grado di “nutrire” in positivo l’animo umano. Se il corpo vibra, non ci sarà mai il fallimento; se l’energia circola rapidamente, vuol dire che stai andando verso il sentiero giusto.

Perché ha deciso per la poesia? O meglio, come si capisce che è questa la forma d’arte che si vuole perseguire?

Io credo seriamente che ad un certo punto, sia stata la poesia a scegliere me. L’ho corteggiata per molti anni e… alla fine, si è arresa!

Hai mai pensato di scrivere un romanzo?

Ci penso continuamente e credo che arriverà nel 2021, anche se, la cosa è un po’ bizzarra: non ho una trama, né un personaggio, né tantomeno uno stralcio di storia. Però, so che arriverà il romanzo. Buffo no?

Parlando del tuo ultimo libro: “La Calabria e una pagina”, raccontaci qualcosa del tuo legame con questa splendida terra.

Si tratta di un legame molto profondo, quasi telepatico; l’ho visitata in diverse occasioni e ogni volta, sento dentro di me, come un arricchimento, in termini di valori, di cultura, di storia. Con tutta sincerità, penso che sia la più bella porzione di terra d’Europa. I suoi paesaggi sono magici, non si nascondono mai.

La Calabria come ho appena detto è splendida, ma è anche piena, purtroppo, di contraddizioni. Come te lo spieghi? Esiste soltanto una ragione “storica”?

Sicuramente è una terra molto complessa, piena di contraddizioni ma… chi non ha contraddizioni? Tutti abbiamo le nostre contraddizioni! Poi, in Calabria, i fattori sono molteplici e sicuramente, tra questi, la ragione storica ha sicuramente il suo notevole peso. Ma detto questo, dobbiamo anche dire che circolano molte leggende sulla Calabria e i calabresi, ad esempio: “i calabresi sono persone chiuse. Parlano poco”. Ecco, posso smentire questa sciocchezza. Non è affatto così. Sono persone molto aperte, espansive, sincere, molto ospitali: ho pubblicato tre libri con case editrici calabresi, presentato libri in Calabria e ogni volta, mi sono sentito come a casa. Spero di ritornare presto! Hanno dei vini eccellenti!

“La Calabria e una pagina”. Cosa trova il lettore in questa tua ultima fatica?

 Trova la Calabria raccontata attraverso gli occhi di un umile viaggiatore: un viaggiatore attento, curioso, instancabile. Ci sono i paesaggi, la storia, il mistero, il silenzio; ecco, la Calabria mi affascina tantissimo anche per questo: per il mistero, e per il silenzio.

I titoli dei tuoi libri sono già da soli una poesia. Come nascono?

A volte, mi arrivano in un battibaleno, mentre in altre circostanze, ci vogliono settimane. Mi è capitato di scrivere un libro in un giorno, mentre ci ho impiegato una settimana, per definire tutti i dettagli del titolo. A volte, ho le mie fissazioni, ma fanno parte del gioco e il tempo, gioca una parte importante: ecco, il tempo è un’altra di quelle dimensioni molto particolari, assurde, sfuggenti. Sì, il tempo è davvero strano!

Un verso contenuto ne “La Calabria e una pagina” recita: “Ho camminato” in luoghi grandi come paesi. “Ho camminato” in posti dove il sole assomiglia a un luogo stracolmo di medaglie. Nel deserto arido e desolato: il corpo ammaccato, l’anima stuprata nella sua forza interiore!”. A me, che sono un appassionato dei poemi omerici, queste parole hanno subito riportato alla memoria Ulisse, il primo vero “eroe umano”. Sono così fuoristrada o posso immaginarmi che nei tuoi versi ci sia anche qualcosa di quel viaggio?

Sono molto attratto dalla mitologia greca, dai suoi dèi, dai suoi eroi! I miti, i rituali, le credenze, i culti misterici… e soprattutto, questo “lungo viaggio”, le tante avventure, le disavventure, le peregrinazioni dell’eroe Ulisse, che dire? Non sei fuoristrada anzi, hai visto quest’immenso viaggio proprio dal didentro: i miei versi, sono figli di questo avvincente vagabondare per tutto il Mediterraneo.

Chiudo con una domanda che faccio a tutti coloro che intervisto: se avevi un sogno nel cassetto, pensi di averlo raggiunto?

Ho un sogno nel cassetto ma… ancora non sono riuscito a raggiungerlo. Forse, perché mi piace pensarlo libero, il sogno!

Ecco, quello che avete letto è una piccola porzione di ciò che è Fabio Strinati. E andando a scavare tra le sue risposte, sicuramente si trova molto di ciò che lui in parte è.

Molto, ma ovviamente non tutto, perché un poeta è qualcosa che sfugge al comune pensiero, e perché, come dice Alda Merini, “Non cercate di prendere i poeti perché vi scapperanno tra le dita”.

Questo articolo è già stato pubblicato anche su Arteventinews.it

Fabio Strinati. Bibliografia

 

Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è il ritmo, 2014, Edizioni Il Foglio.

Un’allodola ai bordi del pozzo, 2015, Edizioni Il Foglio.

Dal proprio nido alla vita, 2016, Edizioni Il Foglio.

Al di sopra di un uomo, 2017, Edizioni Il Foglio.

Periodo di transizione, 2017, Bibliotheca Universalis.

Aforismi scelti Vol.2, 2017, Edizioni Il Foglio.

L’esigenza del silenzio, 2018, Le Mezzelane Casa Editrice.

Sguardi composti… e un carosello di note stonate, 2018, Apollo Edizioni.

Quiete, 2019, Edizioni Il Foglio.

Concertino per melograno solista, 2019, Apollo Edizioni.

Discernimento atrabile, 2019, Macabor Editore.

Lungo la strada un cammino, 2019, Transeuropa Edizioni.

La Calabria e una pagina, 2020, Meligrana Editore.

Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

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