La poesia. Quella vera e quella di chi soltanto per gioco ci prova.
Vi ho già detto che collaboro con un’importante rivista online scrivendoci ogni tanto degli articoli?
Sì, lo so che l’ho già detto, ma mi serviva un pretesto per scrivere invece le righe che state leggendo.
Dunque, proprio oggi ne ho pubblicato uno nel quale racconto qualcosa di una giovane ma già affermata poetessa – se lo volete leggere lo trovate su Arteventinews.it nella sezione interviste- ed è stato quello che mi ha dato il via.
Ma principalmente non è di quell’articolo che vi voglio parlare, ma di qualcosa di diverso, che però, partendo proprio da quello trae il motivo di quanto sto scrivendo.
E allora? Vi starete chiedendo adesso. Cosa c’entra lei, la poetessa, con quello che stiamo leggendo?
C’entra, soltanto in parte ma c’entra. Mi è successo che, dopo aver letto e apprezzato le sue di poesie, mi sono ricordato di qualcosa che anni fa avevo scritto e che poi avevo messo, come spesso facciamo tutti, “nel cassetto delle cose dimenticate”.
Mi è tornato in mente un articolo che contiene una mia poesia e che anni fa ho già pubblicato su questo blog. Era il luglio del 2016 e quello è stato uno dei primi che ho pubblicato e credo proprio che in pochissimi a quel tempo lo abbiano letto. Un pezzo che adesso vi ripropongo sull’onda delle sensazioni che ho provato leggendo le poesie di cui vi parlavo prima.
Un qualcosa che parte da un pretesto inventato, da situazioni immaginarie ma realissime, e finisce per parlare di “roba” personale, intima, all’apparenza triste, e che probabilmente in forma più o meno simile a quella che io descrivo avrà vissuto anche qualcuno di voi.
Se siete curiosi, o se semplicemente ne avete voglia, allora cliccate qua: https://enricominiati.altervista.org/piccole-cose-vendo-casa/
Non è vera poesia, lo so, ma questo, almeno per me, è solo un dettaglio.
