Le isole Eolie. Sette perle immerse nel blu.

Le isole Eolie: Vulcano, Lipari, Salina, Panarea, Stromboli, Alicudi, Filicudi.

In totale fa sette. Sette piccole schegge di lava immerse nel mare.

Sette è un numero particolare. Forse magico, forse simbolico, forse irreale pur nella sua realtà matematica. Di sicuro è un numero molto ricorrente.

Sette sono i giorni della settimana, le fatiche di Ercole, le piaghe d’Egitto, i giorni della Creazione. Sette sono i colli sacri, i re di Roma e i fratelli Cervi.

Ma sette è anche, molto più banalmente, un numero sovente utilizzato ad esempio nel cinema. “I magnifici sette”, “Sette spose per sette fratelli”, “Il settimo cavalleggeri”, “I sette samurai”, tutti titoli che hanno a suo tempo riscosso un certo successo.

E le isole Eolie sono, per volere di un dio o per puro caso esattamente sette.

Ma perché questo fatidico numero sette lo troviamo così spesso? E perché non l’otto, il cinque, oppure il sei?

Non lo so; forse esiste un motivo perché molto ruoti attorno a questo numero, ma questo, al pari di moltissime altre cose, mi è del tutto sconosciuto.

O forse tutto questo è solamente un caso?

Forse sette è soltanto un numero fortunato, come molto fortunati siamo stati quest’anno io e Angela durante le nostre vacanze su queste sette splendide isole.

Perché? Leggete se ne avete voglia il mio precedente articolo e capirete per quale motivo chiamo in causa la fortuna (Vedi il precedente articolo: Stromboli. Quando poche ore…).

Le isole Eolie dicevo.

Poste, anzi gettate in mare come dadi su un panno cobalto da una mano non terrena a poche miglia di distanza da Milazzo.

Lontane solo in apparenza da casa, ma in realtà più vicine di quanto si possa pensare perché ad esempio da Firenze con il treno delle 20 e 13 si arriva alla stazione di Milazzo alle sette di mattina (e riecco quel fatidico numero), giusto in tempo per imbarcarsi e sedersi, dopo un breve viaggio, in un delizioso bar di una delle isole preferite da Eolo.

Scordatevi però i sette nani (ma allora quel numero è un vizio) perché l’Eolo di cui parlo non è quello della favola. No, è quello ben più reale che un tempo ormai lontano padroneggiava i venti. Eolo, il dio della mitologia, l’amico nemico dei marinai, colui che consegnò a Ulisse l’otre ripieno dei venti che avrebbero dovuto riportarlo alla sua Itaca.

E da lui, dal dio, le isole prendono il nome.

E proprio come se fossero ancora la casa di dei e di mostri mitologici mantengono intatta la loro aura di mistero.

Vulcano, l’isola fumante, con l’aria impregnata di vapori sulfurei, le spiagge nere di pietra lavica e le acque azzurre ribollenti di getti caldi provenienti dalle viscere della terra.

Lipari, la più grande, la più abitata, piena di stupende spiagge di mille colori diversi. Nere di lava, bianche di pomice, rosse di ferro, gialle di zolfo, ocra di caolino. Lipari con il suo corso principale e la piazzetta di Marina Corta piene di vita, di bar e di ristoranti allineati con ordine, dove puoi sederti senza sentirti soffocare dalla folla o essere frastornato da una musica invadente, del tutto inutile in questi luoghi dove il bello attorno a te già da solo è sufficiente a riempirti l’animo di gioia.

Panarea, l’isola civettuola. Esclusiva e raffinata. Bianchissima nei suoi edifici e nelle sue scogliere, meta preferita da quelli che un tempo amavano farsi chiamare vip.

Salina. Forse la giusta via di mezzo. Verdissima. Ricca di chiese, di foreste e di bellezza. Salina, conosciutissima ai più per essere stata l’isola resa famosa dal più bel film di un attore scomparso troppo presto. Salina, l’isola de “Il postino” di Massimo Troisi.

E poi lei, l’attrazione principale dell’arcipelago. Lei, Stromboli. Lui, il vulcano. L’isola che erutta in continuazione. Perennemente sormontata da un pennacchio di fumo e meta ineguagliabile di gite notturne in barca per ammirare dal mare le sue fantasmagoriche esibizioni. Fumo, fiamme e lapilli che ci ricordano che proprio qui vivevano, e forse vivono ancora gli dei.

E in ultimo Filicudi e Alicudi; le più piccole, le meno esclusive, le meno dotate di ciò che i turisti solitamente cercano, ma forse proprio per questo le sorelle più vere.

Noi eravamo a Lipari, scelta a caso, senza un motivo particolare, dato che era la prima volta che visitavamo l’arcipelago. E credo proprio che qualora capitasse di ritornarci, faremmo la stessa scelta.

L’isola è bella, piena di spiagge di ciottoli più o meno grandi, di basse montagne e di ripide scogliere. Di paesi arroccati, di reperti archeologici e delle tracce ancora visibilissime dell’antica fatica dei suoi abitanti rimasta impressa per sempre nelle ex miniere di pomice.

Un’isola allegra, organizzata, dove non serve l’auto ma servono un motorino e le scarpe da scoglio e dove la vita non è cara come potresti immaginare. Un’isola dove puoi trovare un ombrellone e due lettini a 15 euro, oppure prendere nella sua piazza più elegante due aperitivi con relativi abbondanti stuzzichini a soli 6 euro.

Un’isola dove è quasi obbligatorio acquistare il pesce direttamente dai pescatori e fare con loro il tour delle isole.

Un’isola dove è piacevolissimo gustare una birra al tavolino di un bar osservando le compostissime galanterie rivolte alle turiste dai giovani liparoti, oppure ammirare le lunghe chiome delle bellezze locali, nerissime come i loro occhi.

Un posto, Lipari, dove appena partito vorresti tornare.

Così come sicuramente torneremmo nella stupenda casa di Bruna e Giampiero dove alloggiavamo, posta appena fuori dal paese, in località San Salvatore, sulla cima di una collina proprio sopra il porto.

Una casa bianchissima, solare, ricca di luce, di buganvillee in fiore, di venti che rinfrescano i giorni roventi e addolciscono le notti luminose. Una casa che sembra uscita da una rivista d’arredamento o di architettura, tanto è “mediterranea”.

Una casa dove lo sguardo può perdersi verso il mare di un azzurro intenso ricco ogni sera di spettacolari tramonti, oppure vagare sui circostanti monti dai mille colori.

Una casa bella come i suoi proprietari. Lei, Bruna, gentilissima, ottima cuoca e donna intelligente. Lui, Giampiero, al pari di lei sempre a disposizione, ottima fonte di notizie su dove andare e, senza essere per niente invadente, grande intrattenitore con storie locali gradevolissime.

Un bel posto per passare le vacanze.

Bello, esattamente come quella manciata di perle che qualche dio distratto, o forse semplicemente saggio come in fondo dev’essere un dio, ha lasciato sapientemente cadere nel mare di Sicilia.

Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

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