Metti una sera a cena. Ovvero ritrovare il proprio passato remoto

Una sera a cena assieme ad una vita di ricordi.

Articolo di nicchia, dedicato agli amici.

Tutto comincia più o meno con questa telefonata:

– Ciao Erri (nessun errore, in questo modo mi chiamavano gli amici di quando ero ragazzo) come va? Mi riconosci?

Attimi di sgomento e velocissimi pensieri – “Chi sarà mai che mi chiama in questo modo? E poi non credo di conoscerlo”, – ecco quindi che parte la classica risposta: – Mi scusi ma forse ha sbagliato numero.

– Ma davvero non mi riconosci? Sono Costantino.

– “Mai conosciuto uno di nome Costantino…” – continuo a pensare. Poi mi blocco, ricordo di colpo moltissime cose e soprattutto mi torna alla mente l’immagine di un carissimo amico che tutti noi chiamavamo, per via delle origini greche dei genitori: “Zorba”, eliminando dal nostro vocabolario ogni altro nome. Lui, per il mondo era semplicemente “Zorba”.

– Zorba? Ma sei proprio te? Dopo quasi cinquant’anni? E come hai fatto a trovarmi?

Vi risparmio il resto della telefonata perché non ha assolutamente alcuna importanza. Resta il fatto che con quella l’amico di un tempo (modo di dire alquanto stupido perché gli amici non “scadono” mai in realtà) mi chiedeva se volevo partecipare ad una cena organizzata tra coloro che vivevano nel nostro vecchio quartiere. La risposta fu incerta: – …sì… certo… quando?… va bene, se posso vengo.

Ma poi ovviamente ci sono andato. Pieno di timori, di pensieri e di paure del tipo: ma dopo tutto questo tempo li riconoscerò ancora? E loro mi riconosceranno? E come saranno? E cosa mai avremo da dirci?

Non nego che ero persino emozionato. Tornare indietro di quasi mezzo secolo è un’impresa che richiede quasi del coraggio. Un salto nel tempo andando a ritroso, verso un qualcosa che hai già vissuto ma che poi ha continuato a vivere senza di te. Mi dicevo, mentre ero in viaggio per Firenze diretto a un piccolo locale zona Ponte di Mezzo (il mio ex quartiere appunto), che in fondo tantissimi fanno di queste cose, dalle cene degli ex liceali, a quelle degli ex compagni di lavoro, eccetera. Ma una cena tra gente che da una intera vita non si vede, come diavolo sarà?

Ero partito in anticipo perché non volevo trovarmi nella situazione di essere colui che fa aspettare tutti  e logicamente arrivo… ultimo, a causa di un micidiale ingorgo sull’autostrada. Morale della favola, tutti sapevano che io dovevo arrivare e quindi rispetto a me partivano avvantaggiati. Tra loro infatti si erano già presentati e avevano dunque risolto il mio spinoso dramma interiore (esagerato vero?) e naturalmente oltre a essersi riconosciuti sapevano che l’ultimo che sarebbe entrato da quella porta sarei stato io (o il cameriere, ma quello in questo momento non conta).

Intimorito entro, temendo tra l’altro di sbagliare gruppo e un grido di “evviva ecco Erri” si leva da una ventina di persone per me a prima vista assolutamente sconosciute (a quei tempi eravamo moltissimi, quasi un’esagerazione, ma alcuni purtroppo non ci sono già più, mentre altri non hanno voluto affrontare il viaggio nel tempo). Poi la mente e il cuore scavalcano gli occhi e in quei volti di gente avanti con gli anni riconosco i ragazzi che eravamo, uno per uno; qualcuno immediatamente, altri con qualche difficoltà e grazie anche a suggerimenti interessati. Ammetto di essermi persino commosso nel rivedere ciò che eravamo. – Ma sono proprio loro mi dicevo felice: sono Zorba, il Nicche, Spiro, il Totto, Acciuga, la Diddi, la Lalla…  e tutti gli altri che ovviamente per motivi di spazio non elenco (attenzione, quelli che ho scritto sono o meglio erano, o meglio sono ancora, i nostri nomi veri, perché al P. di M. quasi nessuno di noi si è mai chiamato con il suo nome di battesimo; misteri di un quartiere ultra popolare dove probabilmente a causa della miseria dovevamo risparmiare anche sui nomi). Insomma, uno o una dopo l’altro/a escono tutti, giovanissimi e allegri come eravamo, dai cassetti polverosi della mia memoria. Ragazzi e ragazze di un tempo che fu, che hanno trascorso assieme anni bellissimi (o che ci sembravano essere bellissimi) e che finalmente si ritrovano per continuare, sia pur per poche ore, il loro viaggio uniti come un tempo.

La pianto qui, altrimenti mi commuovo di nuovo oppure vi rompo le scatole con questa lagna. Però è stato un qualcosa di inimmaginabile, di incredibilmente bello, di inatteso. Pieno di ricordi,  e di umanità vera. E assieme a tutto questo sono tornate a rivivere le nostre storie, i genitori ormai scomparsi, le avventure, i guai che abbiamo combinato, gli amori e gli errori. È tornata per poche splendide brevissime ore a scorrere la vita di allora. Piena di affanni e a volte anche di miserie per i “grandi”, ma di gioia e voglia di vivere per tutti noi che allora avevamo da iniziare a costruirci la vita.

Che dire ancora? Credo niente, e forse è meglio così. Comunque sia, volendo copiare spudoratamente un grandissimo, tu chiamale se vuoi… Emozioni

Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.