Sul dolore. Parole per un addio

Nessun mio dolore per quanto immenso esso possa essere, sarà mai più grande del tuo. E mai niente di ciò che tu provi potrà mai avvicinarsi al mio dolore.

Questo credo che sia ciò che ognuno di noi prova quando si verifica il dramma della scomparsa di qualcuno a noi caro.

E questa credo che sia una verità assoluta, neanche lontanamente da mettere in discussione, perché non esistono naturalmente scale del dolore. Ogni perdita è speciale, unica, insostituibile e incomprensibile, indistintamente da come e quando avviene.

Scriveva Dino Buzzati: Ogni dolore viene scritto su lastre di una sostanza misteriosa al paragone della quale il granito è burro. E non basta un’eternità a cancellarlo”.

E come non essere d’accordo?

Ma perché stamani ho scritto questo articolo sul dolore?

Io vivo ormai da diversi anni in un piccolo paese; un agglomerato di case sparse su un colle vicinissimo alla città. Una piccolissima comunità di circa duecento persone, purtroppo in gran parte anziane (dico purtroppo perché questo sembra essere il destino di luoghi simili: tutto spinge ad andare verso la città, e pochi scelgono di trasferirsi fuori dalle sue mura. Quindi qui restano soltanto pochi giovani e molti di coloro che un tempo lo sono stati).

Questa non era naturalmente la mia comunità, nel senso che non ci sono nato, ma soltanto “arrivato”; io vengo da Firenze e laggiù naturalmente sono/erano le mie radici. Ma sono anche nato e per lunghissimi splendidi anni ho vissuto in un quartiere periferico, ultra popolare e sufficientemente povero da far sì che non ci fossero grandi differenze nella scala sociale. Un posto dove tutti ci conoscevamo e vivevamo quasi la stessa vita. Un posto quindi molto simile anch’esso ad una piccola comunità e forse è questo il motivo che mi fa amare veramente i luoghi e le persone dove io adesso vivo.

E dunque questa adesso è la mia comunità. E questi sono i miei nuovi compagni di percorso.

Ma ecco il perché del tema che ho scelto.

Purtroppo gli ultimi mesi hanno visto colpirci un susseguirsi di “addii”: alcuni rapidi, altri meno. Alcuni inaspettati, altri purtroppo tragicamente preceduti da notizie allarmanti.

Ma tutti questi “viaggi”, indistintamente ci hanno colpito, proprio per quanto sopra accennavo. In una piccola comunità, tutti si conoscono e tutti, in un qualche modo, sia esso diretto che indiretto, hanno o hanno avuto rapporti con chi ci ha lasciato. E in tutti il dolore è presente. In tutti. Quindi anche in chi, come me, è tra gli ultimi arrivati.

Ma mentre io provo dolore e tristezza, è naturalmente impossibile descrivere come esso colpisca e cosa sia per chi è direttamente coinvolto e duramente colpito negli affetti più cari.

Come ho detto all’inizio, nessun dolore potrà mai essere uguale al mio, perché il mio sarà sempre il più grande. E nessuna parola potrà mai servire, almeno nella fase più acuta del dolore a lenirlo.

E quante parole vengono dette in simili situazioni, e tutte certamente con un nobile scopo. Parole che in qualche modo “dobbiamo” pronunciare, perché sono necessarie, perché le riteniamo indispensabili, perché le vogliamo dire e forse anche perché chi soffre ne ha veramente bisogno pur sapendo benissimo che non servono a niente.

“Tutti gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore che non provano”, scriveva un grandissimo come è stato William Shakespeare. E quanta verità contiene questa frase.

Il resto, purtroppo, sono soltanto parole.

Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

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