Intervista a Lorenzo Giovani, portavoce di Sua Maestà la Regina Madre

Sapevate che in una famiglia di api, in una sola stagione ci sono sino a 60.000 individui?

E che a differenza di un’ape operaia che vive circa 50 giorni, l’ape regina vive fino a 5 anni?

Io no, assolutamente non lo sapevo e forse se non avessi intervistato Lorenzo Giovani, titolare dell’Azienda Agricola Apicoltura Giovani con sede in via di Pulica 19, in una delle più belle zone cittadine (I Corsini Neri) sicuramente ancora oggi lo ignorerei.

Poco male dite? In assoluto sì, avete ragione, si sopravvive benissimo anche senza sapere niente sulla vita delle api; però, se un genio come Albert Einstein affermava (o quantomeno questa frase a lui viene attribuita): “Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”, innegabilmente, chiunque ne sia alla fine il legittimo titolare, una ragione ce l’aveva.

E il perché è semplice da capire dato che tutti sappiamo che il compito primario di un’ape è quello di volare di fiore in fiore con una duplice funzione: raccogliere polline e nettare e impollinare il fiore successivo permettendo la riproduzione delle specie vegetali. Un altro esempio che rende l’idea? Lorenzo mi racconta che le api di un alveare in un solo giorno arrivano a “visitare” fino a 225.000 fiori e che ogni singola ape “bottina”, in un raggio da “casa” di 3 chilometri, una superficie vicina ai 3.000 ettari (per quelli come me che non sanno farsi un’idea di questa dimensione, forse è più semplice dire: qualcosa di corrispondente a oltre 4.ooo campi di calcio).

Quindi, tanto di cappello davanti a questo insetto, piccolissimo, fragilissimo e sensibilissimo all’inquinamento, dato che la sua non presenza rappresenta un innegabile segnale di pericolo ambientale.

Lorenzo, mi parli un poco della tua azienda?

L’azienda ufficialmente è nata da un paio di anni, da quando cioè ho fatto tutte le necessarie regolarizzazioni amministrative e sanitarie. Ma ha origine lontane, dato che le nostre prime arnie, dico nostre perché io lavoro coadiuvato dal babbo, appartenevano “da sempre” a mio nonno e prima di lui a suo nonno. E seguendo prima i suoi insegnamenti, e dopo quelli del babbo che aveva imparato dal padre tutti i “trucchi del mestiere” sono arrivato a diventare il titolare di questa piccola azienda. Per onestà devo ammettere che all’inizio io di questa cosa proprio non ne volevo sapere e mi prestavo soltanto per dare una mano al babbo. Poi invece col tempo è diventata una vera passione sfociata poi nella costituzione dell’azienda. Le arnie più datate venivano addirittura portate in Maremma per far produrre tipi di miele diversi da quelli che si producevano qua. Ma quelli erano altri tempi, dove la gente si spostava per bisogno. Oggi noi siamo diventati tutti più “stanziali”, così come le nostre api.

La vostra sede è nell’area chiamata “Corsini Neri”, un posto magnifico, ma arrivando non ho visto arnie. Come mai?

Quelle le tengo in parte a Iano e in parte a Cignano, una piccolissima frazione subito dopo Candeglia, dove abbiamo la stanza per la lavorazione del miele. E stanno lì perché, come ti dicevo prima le api soffrono se vivono in un posto inquinato. Qui vicino alla sede dell’azienda purtroppo alcune aree sono sottoposte per motivi di lavorazione a essere irrorate con sostante anti insetti, fitofarmaci o diserbanti. Questo va bene per chi produce piante o si dedica alle produzioni agricole, ma va malissimo per chi come me cura le api, che se volassero in quest’area sarebbero condannate a morte sicura nonostante siano, come detto, utilissime. Cignano, Iano e tutta la Valle delle Buri invece sono ancora posti dove si vive bene. Noi e le api.

Quante arnie hai tra Iano e Cignano?

A oggi sono 16 e tutte attive, però l’idea è quella di aumentarle.

Quindi se faccio un rapido calcolo sulla base del numero che mi hai citato poco fa, le tue api sono un numero a dir poco esagerato.

Proprio così, sono tantissime, anche se poi quando volano non si notano per niente.

Ecco, parliamo dell’ape come insetto che a volte può procurare qualche piccolo fastidio.

Sfatiamo prima però una leggenda – mi dice Lorenzo, deciso a svolgere il ruolo di avvocato difensore – le api se non vengono disturbate non attaccano l’uomo e non sono attirate dal suo cibo. Quelle che ti volano attorno quando mangi all’aperto, sono le vespe, o nel peggiore dei casi i calabroni. Quelli sì che possono attaccare, ma le api non lo fanno, anche perché un’ape che attacca l’uomo è destinata a morire perché il suo pungiglione ha un uncino finale che resta conficcato nella pelle strappando l’addome dell’ape. Ovviamente basta non dare loro noia, perché in quel caso non stanno certamente ferme. Io a volte, specialmente nelle belle giornate di primavera, mi sdraio sull’erba accanto alle arnie e cullato dal ronzio delle mie api spesso finisco per addormentarmi. E loro non mi degnano di un’occhiata.

Tu quindi operi in questo settore a tempo pieno?

Sì, al momento gestisco io l’intero ciclo produttivo, ovviamente chiedendo sempre l’aiuto del babbo.

Ciclo che consiste in?

Non basta accudire solamente le arnie per avere il miele. Quella ovviamente è la parte principale e indispensabile. Le api devono però stare bene ed essere in perfetta salute per poter produrre. Quindi le arnie devono essere pulite e disinfettate. Poi c’è tutta la parte della smielatura, della invasettatura, etichettatura, sigillatura dei vasetti e in ultimo la vendita.

La vendita come avviene?

Principalmente operiamo nei mercatini o direttamente qui in azienda. Il tutto al momento è riservato ai privati.

Tempo lavoro e introito. Il saldo è positivo?

Il nostro è un lavoro, come del resto tutto in agricoltura, legato principalmente al tempo metereologico. Buona stagione equivale a dire fioritura e conseguentemente miele e relativi guadagni. Se, come avvenuto negli ultimi anni il ciclo stagionale risulta falsato, con anticipo delle fioriture e successive gelate, il tutto viene drammaticamente sballato.

Come si diventa esperti apicoltori?

Esistono appositi corsi di formazione, ma l’elemento indispensabile è sempre poter contare sull’esempio di un esperto. E io grazie al babbo che per 40 anni ha aiutato il nonno, l’esperto lo avevo in casa. Poi ovviamente occorre aggiornarsi e avere dentro quella passione che supera anche la voglia di guadagno.

Un’arnia quanto miele produce?

Ti parlavo del fattore stagione. Quando è favorevole la produzione può essere veramente notevole. Pensa che il babbo mi racconta di una sola arnia che in una stagione ha prodotto un quintale di miele.

Tu mi hai detto che le api sono “delle brave ragazze” e che non attaccano. Ma è vero che a volte si combattono tra loro?

È vero. Può succedere che a volte, anche tra arnie vicine si scatenino delle vere battaglie con episodi di saccheggio.

Le api e l’inquinamento.

È quello il vero problema di un apicoltore, trovare dei territori dove far volare le sue “maestranze” senza che queste siano in pericolo. Le api muoiono se volano su fiori inquinati dai veleni che l’uomo distribuisce.

Il boom del business miele?

È vero, ultimamente è un fenomeno che sta quasi esplodendo. Sono in tantissimi quelli che si improvvisano apicoltori. Sui risultati poi non mi pronuncio, così come sui prodotti a volte non perfettamente fatti con solo prodotto delle api. Come ti ho detto non basta avere delle arnie per considerarsi dei veri produttori di miele.

Qual è il maggior pericolo per i tuoi “operai”?

Innegabilmente l’acaro Varroa è uno dei più pericolosi nemici delle api. Pensa che è capace di annientare un’intera colonia di insetti nel giro di un paio anni; anche se in tutta onestà noi, grazie sicuramente anche alla prevenzione che attuiamo, fino a oggi ne siamo stati quasi del tutto immuni.

Mi accennavi alla voglia di aumentare il numero delle tue arnie. Ma come si fa?

Aumentare il numero delle arnie consiste “semplicemente” nel dividerle. Se da un’arnia vogliamo ottenere una famiglia in più dobbiamo effettuare alcuni passaggi. Per esempio, se vogliamo dividere un’arnia da 10 telaini con 80.000 mila api, dovremo togliere dall’arnia principale circa la metà dei telaini con nutrimento (polline e miele) e telaini adibiti a covata e quindi diminuire di circa la metà il numero di api e depositarli in un’arnietta portasciami vuota, in questo caso per l’ape regina già esistente sarà indifferente dove andrà a finire. Nel caso in cui la regina dovesse finire nel porta sciami, le api rimaste nell’arnia principale, si sentiranno orfane, a questo punto cominceranno a nutrire alcune uova deposte precedentemente dalla regina, solo ed esclusivamente a pappa reale, e dopodiché in circa 16-18 giorni nasceranno le nuove api regine, dalle quali solo la più forte – di solito la prima che nasce – sopravvivrà, perché una per una ucciderà tutte le altre.  Con questo procedimento da un’arnia potremo ottenere due famiglie, da due arnie quattro famiglie, da quattro arnie sedici famiglie e così via…

Insomma, questa cosa della primogenita che uccide le altre sorelle rivali sembra fare tanto medio evo.

Questa in natura è semplicemente la lotta per la sopravvivenza di una specie, dove solitamente vanno avanti solamente i più forti che a loro volta daranno vita a una prole ugualmente forte.

Come si riconosce una regina dalle altre?

Dalle dimensioni. È decisamente più grande ma esattamente simile alle altre anche se in effetti farà in vita sua soltanto un volo, quello nuziale durante il quale i fuchi la feconderanno danno il via alla sua fase di produzione di uova che riforniranno senza sosta l’alveare di nuove api. Altro modo per riconoscere l’ape regina è tramite l’uso di marcatori colorati a base acquosa (ogni anno cambia di colore, a rotazione tra bianco, giallo, blu, verde e rosso), con questo metodo riusciamo ad individuarla più facilmente e a ricordare meglio l’età che ha.

Ma cosa mangiano le api?

Normalmente quello che producono: miele e polline. Noi, ma sempre distante dal periodo produttivo, a volte interveniamo dando loro degli sciroppi nutrienti CANDITO con il solo scopo di fargli superare gli inverni particolarmente lunghi e rigidi oppure di far loro produrre maggiori quantitativi di cera che, a parte l’utilizzo all’interno dell’alveare per creare le celle, noi usiamo per realizzare ad esempio le candele, le saponette e la cera per i mobili.

In più a queste cose e al miele voi cosa producete grazie alle vostre “assistenti”?

Oltre al miele e ai prodotti con la cera, facciamo la propoli, i croccanti, creme, burrocacao, eccetera. Tutte cose che con il tempo si impara a fare.

Che tipo di miele producete?

Solitamente sono tre i nostri tipi di miele: di robinia – da noi in Toscana chiamata cascia, di millefiori e di castagno. Naturalmente questo avviene in base al periodo di fioritura delle varie specie. Raramente, in anni particolari, riusciamo a fare piccole produzioni di miele di edera che è una vera specialità molto ricercata. In ogni caso il ciclo di produzione negli alveari va dalla primavera all’autunno.

Il miele come alimento.

Ovviamente non si deve abusarne dato che è un composto di glucosio e fruttosio, però è un alimento molto salutare utilizzato per la cura di diverse patologie specialmente quelle legate ai mali da raffreddamento e della gola. Il miele è ricco di vitamine, di preziosi minerali, è un potente antibatterico e antinfiammatorio, è un antiossidante naturale ed è utile anche per la cura dei capelli. È efficace contro l’acne e nella cura delle punture da insetti. È anche un ideale sostituto dello zucchero. E come il miele anche la propoli ha molte di queste qualità salutari, anzi, con un suo uso oculato addirittura si possono prevenire alcune malattie tipiche dell’inverno.

Le api e l’inverno. Ma cosa fanno se “fuori casa” di fiori non ce ne sono?

Niente. Sotto i 12 gradi di temperatura non volano più e si raccolgono in una specie di palla, il glomere, con al centro la regina e muovendo le ali producono calore. Infatti all’interno di un alveare la temperatura non scende mai al di sotto dei 36 – 37 gradi anche se all’esterno si va sotto lo zero. Tieni presente che le arnie non si mettono mai al coperto. Stanno all’aperto tutto l’anno.

Siamo quasi alla fine dell’intervista e devo dire che le api mi sono adesso molto più simpatiche di quanto non credessi. E proprio per questo chiedo a Lorenzo se in natura esistono dei loro nemici, oltre al già citato acaro Varroa.

Quasi nessuno qui da noi, a parte i calabroni che essendo molto più grandi delle api hanno quasi sempre il sopravvento. Il calabrone infatti si nutre anche di api. Però, per non farci mancare niente, da qualche tempo, abbiamo importato anche la vespa vellutina, un insetto che sembra essere nato esclusivamente per uccidere le nostre api, tanto che in Liguria è considerato in questo campo un vero flagello.

E quindi, per concludere, in questo momento le tue api sono in “ferie”. Quando riapriranno… le ali?

Se la stagione segue il suo corso, sin da febbraio nelle giornate più calde iniziano i primi voli di ricognizione per poi passare, appena qualcosa fiorisce alla raccolta della materia prima e alla produzione del miele.

Benissimo Lorenzo, le mie domande finiscono qua.  Intervistarti ha rappresentato per me un interessantissimo viaggio all’interno della tua azienda, di un’arnia e di un mondo del tutto sconosciuto. E grazie anche a nome dei nostri lettori.

Di niente, anzi per me è stato un piacere poter parlare di un mondo così piccolo e così poco conosciuto.

E come riflessione finale, logicamente per puro divertimento, mi immagino Lorenzo come un dirigente d’azienda che ha alle sue dipendenze molti più operai di quanti ad esempio ne abbia avuti quella che un tempo era la FIAT.

Operai in prevalenza donne – i maschi in un’arnia sono una minoranza del tutto ininfluente anche se indispensabile – che come tra noi umani sanno veramente come far vivere al meglio una comunità complessa come è appunto quella di un alveare.

Però devo dire che a me quella storia che la Regina debba vivere molto di più di un’Operaia, mica mi è ancora andata giù. Non immaginavo che nel mondo animale esistesse il classismo. Come a dire che l’uomo non ha mai inventato niente che in natura non ci fosse già.

Enrico Miniati

 

Qualche dato sulle api:

In una famiglia di api, ogni stagione, vivono 50/60.000 api.

L’ape operaia, durante la stagione produttiva, vive circa 50 giorni.

L’ape regina vive fino a cinque anni.

In un giorno l’ape regina depone fino a 2000 uova.

Per deporre fino a duemila uova al giorno l’ape regina consuma con la pappa reale fino ad 80 volte il suo peso.

La velocità media di un’ape è di 24 chilometri orari e può arrivare fino a 29 chilometri orari.

Una singola ape, per produrre un 1 kg di miele, vola per circa 150.000 chilometri, quasi quattro volte il giro della Terra.

Per produrre un chilo di miele sono necessari quasi 60.000 voli d’andata e ritorno dall’arnia ai fiori.

Ogni alveare “bottina”, cioè raccoglie il nettare, per un raggio di tre km, quasi 3.000 ettari, il corrispondente di oltre 4mila campi da calcio.

In un giorno le api di un alveare possono visitare fino a 225.000 fiori.

Le api sono tra gli insetti più fragili e sensibili all’inquinamento. Non sono infatti mai stati riscontrati fenomeni significativi d’inquinamento del miele, dato che le api muoiono prima di poterlo accumulare.

Questa intervista è già stata  pubblicata sulla rivista online http://arteventinews.it

Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

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