La sostenibile leggerezza dell’essere.

La sostenibile leggerezza dell’essere se stessi e la difficilissima capacità di saper descrivere chi in realtà tu sei.

Io, qualcuno di voi ormai lo avrà capito, amo scrivere.

Di tutto, e su quasi tutto. E qual è alla fine il risultato poco importa; al massimo avremo perso qualcosa in due; io del tempo a scrivere e chi ha avuto la bontà di leggermi a utilizzare il suo in quel modo.

Così, proprio per questo mio amore per le parole scritte, oggi affronto un tema personale ma… di gruppo. È una contraddizione dite? Sì, ammetto che può sembrare così, ma in realtà…

Da qualche tempo collaboro con la rivista Arteventi news – e anche questo l’ho già detto più volte – occupandomi del settore delle interviste; ed è proprio per parlare di questo e di ciò che per me rappresenta che ho deciso di scrivere questo articolo.

E inizio trascrivendo una piccola porzione di un dialogo che due immaginari personaggi pronunciano all’interno di uno dei miei romanzi:

Autore: «Perché quel bimbo la vivrà una storia simile; se non proprio come quella, ne avrà comunque una tutta sua, piena di vicende, amore, gioia e dolore. Una vita come la mia e la tua; allegra e triste allo stesso tempo; ricchissima però di cose belle e brutte che alla fine se pesate saranno probabilmente in ugual misura. Una vita importante, indipendentemente da ciò che gli accadrà. Una vita, che come le vite di tutti noi è già di per sé un’avventura».

Lettore: «Ma la mia vita… non è come tu la descrivi. La mia è… normale».

Autore: «Tu credi? In questo sono sicuro che ti sbagli mio caro Lettore. Quasi sempre la nostra vita basta saperla “leggere”; con gli occhi del cuore e della fantasia, e vedrai quanto ti sembrerà grandiosa. Trovati un nome importante per il personaggio che la interpreterà e un buono scrittore che te la riscriva; parlagli di te e vedrai che storia meravigliosa ne verrà fuori».

Perché ho messo questo dialogo? Perché nel mio incontrare, per quanto vi ho detto poche righe sopra, tantissimi personaggi dei quali pubblico poi un “estratto di vita”, mi rendo conto di quanto l’essere e l’apparire, spesso senza che vi sia una spiegazione, difficilmente si incontrano completamente. E qualcosa di simile lo dicono i due personaggi di quel dialogo. Lui, lo scrittore, volando alto con la fantasia e l’immaginazione, vede ogni vita, anche quella apparentemente più banale, come un ottimo soggetto per una storia, l’altro, il lettore, pensa, come quasi tutti noi, di essere persona “normale”, senza aver niente da dire o da dare.

Invece, dal giovane aspirante muralista all’affermato stilista. Dal titolare di una rinomata macelleria al maestro liutaio. Dal sindaco di una grande città al titolare di una minuscola azienda familiare, quanta differenza esiste tra il personaggio reale e il suo ruolo pubblico. E quante storie, una volta dette con sincerità, sono diverse da ciò che invece lasciamo intravedere.

E quanta sincerità traspare invece dalle nostre parole, dai nostri racconti, dalle nostre esperienze quando parliamo liberati dagli orpelli e dalle limitazioni che molto spesso si frappongono tra gli esseri umani.

E i miei personaggi pubblici – spesso quasi virtuali – e le persone reali che invece sono, davanti a uno sconosciuto come spessissimo sono io per loro, riescono a parlare di sé, rivelandosi e raccontando piccole importanti pagine della loro vita reale.

Schegge di esistenze che invariabilmente, ogni volta che incontro qualcuno, riescono a infilarsi dentro di me, quasi fossi ancora uno studente che apprende dagli insegnanti le cose che lui ignora.

E, anche se può apparire strano, ogni volta che intervisto un nuovo personaggio, mi sembra quasi di sentir parlare me stesso, perché quasi invariabilmente nelle loro parole, nei loro racconti, nelle loro esperienze, riesco a trovare e a volte a rivivere qualcosa che anch’io ho provato, indubbiamente mitigato dai fatti, dal tempo e dai luoghi, ma comunque simile a qualcosa di già vissuto.

E quando non è così, sono le loro parole, ovviamente non tutte, che rimangono in qualche cassetto dentro di me. Dalla confessione del regista di moda che ammette di scrivere per vanità- grande esempio di onestà verso se stesso – alle sincere parole della pittrice e scultrice che dopo aver superato una fase tremenda della propria vita recente, sente il bisogno quasi fisico di fare ciò che da sempre avrebbe desiderato di fare, abbandonando forse per sempre il proprio passato, dando così una dimostrazione lampante di quanto si possa cambiare “anche in corsa” il proprio destino.

Parole, immagini, ricordi, sentimenti, desideri, speranze. Sempre le stesse, sempre uguali per tutti, declinate in maniera diversa ogni volta che incontro un nuovo personaggio, ma in fondo senza che niente sia mai del tutto nuovo. Parole, frasi, idee e immagini spesso recitate esclusivamente per il ruolo ricoperto e che rappresentano una quasi verità mostrata a tutti, e un’altrettanta quasi verità conosciuta soltanto a noi stessi.

Chiudo citando Milan Kundera al quale ho rubato in parte il titolo per questo articolo.

Davanti c’era sempre un mondo perfettamente realistico e un po’ più in là, come dietro alla tela strappata di uno scenario, si vedeva qualcos’altro, qualcosa di misterioso o di astratto…”Davanti c’era la menzogna comprensibile, e dietro, l’incomprensibile verità”.

Lui ovviamente non è Kundera, ma dopo tutto Venditti ha fatto quasi come me.

Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

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