Dacca e i nostri morti. Perchè noi no?

DACCA E I NOSTRI MORTI

Lo scrivo o non lo scrivo? Questo pensiero mi ha attraversato varie volte la mente, senza mai trovare risposta. E così è rimasto lì, nel limbo, sopito, ma non dimenticato.

E alla fine mi sono deciso. Lo scrivo.

Perché questo è un blog di parole, e le parole servono proprio anche a questo: a far capire che ci siamo e che ci accorgiamo di ciò che ci gira attorno. Che non ci nascondiamo dietro un: “non me ne ero accorto”, oppure: “avevo altro da fare”.

A cosa mi riferisco? Ai 9 Italiani uccisi a Dacca (scrivo Italiani con la I maiuscola, non per chi erano, ma per cosa rappresentano quelle morti) nel corso dell’attacco terroristico commesso il 1º luglio 2016 nella capitale del Bangladesh. In quella notte, alle ore 21:20 locali, sette terroristi islamisti hanno aperto il fuoco all’interno del ristorante Holey Artisan Bakery situato nel quartiere diplomatico di Gulshan della capitale, non distante dall’ambasciata italiana uccidendo complessivamente 24 persone.

Sarà stato il campionato europeo di calcio, l’estate che avanza, il fatto che è accaduto tutto in un luogo lontanissimo da noi, ma quelle morti non hanno sollevato tutto ciò che ad esempio si è verificato in occasione dei primissimi fatti di Parigi.

Ricordate Charlie Hebdo? Ebbene, moltissimi continuano ancora ad avere il loro logo su facebook contornato dalla bandiera francese.  È giusto, anzi giustissimo. Perché per tentare di  cambiare questo “schifo” di mondo non si deve mai dimenticare. Però non si deve dimenticare proprio nessuno, da chiunque parte esso sia o stia.

Certo chi uccide come fanno i fanatici di cui parliamo, naturalmente si porta dietro moltissimi distinguo, e diventa impossibile arrivare a tentare di trovarci un lato ancorché minimamente condivisibile, ma i morti sono sempre tutti uguali. Tutti.

Direte che in questo modo generalizzo? E forse è vero, come forse è vero che i nostri connazionali non sono in verità stati dimenticati o ignorati da tutti. Anche questo sarebbe generalizzare.

Confesso allora di averlo fatto io; chissà, forse ero veramente troppo preso a seguire le gesta della nazionale di calcio o forse impegnato a pensare ai fatti miei, al punto dal non accorgermi che questa assurda tragedia riguarda tutti noi, anche me.

E di questo me ne vergogno.

Moltissimo.

Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

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