Social e video per capire chi siamo

SUi SOCIAL PARLANDO DI MORTI E DI ATTENTATI. Ma siamo veramente ciò che crediamo di essere? Chi può AFFERMARE DI saperlo? FORSE POSSIAMO SCOPRIRLO SEGUENDO I SOCIAL.

Ormai non passa giorno, senza che ci arrivi addosso la notizia di attentati, di morti, di nuove stragi. E questo accade in ogni parte del mondo.

E non importa quanto tutto questo sia vicino o lontano da noi, quanto ci coinvolga direttamente, quanto ci tocchi emotivamente. Accade, e basta.

Sembra che niente possa fermare questa tragica giostra infernale. Non ci riesce la politica, o la diplomazia. Non ci riesce la religione e men che meno ci riesce il dichiarare continuamente una nuova guerra.

Perché?

Perché si continua ancora a uccidere, straziare i corpi e le menti, accanirsi sempre più nel dimostrare in quale abisso di dolore siamo capaci di far precipitare l’umanità?

Io non lo so, non riesco a darmi una spiegazione, e non posso assolutamente immaginare di poter minimamente trovare chi possa fornire giustificazioni a quanto mi accade attorno.

Più ne parlo o ne sento parlare, e più scopro che tutti hanno la soluzione. E ogni volta questa è, almeno per chi tronfio la enuncia, semplicissima. C’è chi assegna la colpa a un certo popolo, chi a una religione, chi parla di immigrati e chi di accoglienza. Chi dice di “farli fuori tutti”, chi invece dice che “siamo stati noi”, chi assegna la colpa all’Occidente e chi all’Islam.  Chi ai “crociati” e chi ai terroristi. Tutti parlano, parlano e parlano. E tutti sanno benissimo che quello che dicono, spessissimo non serve a niente. Sono solamente esercizi verbali che ci fanno capire che apparentemente una soluzione sembra non esistere. A destra si afferma una cosa, che a sinistra puntualmente si sconfessa.

E, pericolosamente, l’umanità scivola sempre più in questo vortice di distruzione. Inesorabilmente.

Eppure, proprio pochi giorni fa, su facebook, uno dei social più seguiti, mi è capitato di vedere un filmato. Una cosa semplice, una specie di lezione data da due docenti a un gruppo di giovani (lo trovate alla pagina di “momondo” – the DNA journey https://www.urbancontest.com/storytelling/the-dna-journey-video-momondo) e vi invito per favore a guardarlo).

Probabilmente molti lo avranno già visto (ho notato una lunghissima serie di commenti) e io non sono in grado di capire quanto le tesi che sostiene siano scientificamente corrette. In questo mondo di “esperti”, moltissimi potranno confutarle o ritenerle scontate e banali. Però ha provocato in me un fortissimo impatto emotivo. Mi ha fatto venire i brividi. È risultato assolutamente sconvolgente per la sua semplicità e per le conclusioni alle quali arriva.

Quel video sembra dimostrare che non abbiamo bisogno di formule magiche per capire che siamo tutti intimamente legati gli uni agli altri. Non ci servono religioni, dogmi o dottrine. Non servono alchimie politiche, o strategie economiche. No, stando a quel post su facebook non serve niente. Basta prendere coscienza che siamo tutti uguali e che anche lontanissimo da dove mi trovo fisicamente, qualcuno nel mondo ha dentro di se un pezzetto del mio passato e del mio presente. Qualcuno, non importa di quale colore sia, è anche me. Qualcuno che ha un altro credo, una diversa lingua, usi e costumi diversi dal mio. Eppure quello sono in parte anch’io. E mi accorgo che il solo saperlo ha un effetto benefico, tranquillizzante. Non vedo più persone diverse da me, o da noi se preferite. Razza, colore della pelle, religione, politica? Sono solamente orpelli e alchimie che ci siamo cuciti addosso; che ci hanno cucito addosso. Siamo stati noi, tutti noi, a creare questa situazione, e solamente noi possiamo cercare di uscirne.

Attenzione, non sono dalla parte di coloro che dicono che la “colpa è nostra”, che siamo stati noi a sfruttare la povertà del terzo e del quarto mondo, che siamo stati noi a depredare i paesi poveri di tutto quanto avevano, che … che … che … .

No, niente di tutto quanto ho scritto sopra giustifica neanche un briciolo del sangue che viene versato. Anche se tutto fosse vero, non sono questi i metodi da utilizzare per tentare di ristabilire la giustizia, l’equità, la pace. Da tutto questo esce soltanto rafforzato un concetto semplicissimo: l’odio, produce solamente odio.

E allora?

Non lo so. So soltanto che quel video mi ha colpito, aperto a una diversa visione del mondo e mi piacerebbe che questo fosse un primo passo per far capire a tutti chi siamo, ma soprattutto da dove veniamo.

E chi uccide sparando a casaccio in mezzo alla folla, mettendo una bomba in un aeroporto o sganciando da un aereo missili su un piccolo villaggio sperduto in un posto dal nome impronunciabile e in virtù di non so quale diritto, se solo capisse vedendo quel breve filmato che così facendo non sta ammazzando i suoi nemici come qualcuno gli ha fatto credere,  ma esseri umani a lui molto più vicino di quanto avrebbe mai potuto immaginare, allora chissà se …

Lo so, lo ammetto, così tutto è troppo semplice, irrealizzabile e ingenuo.

E allora cosa facciamo, continuiamo a guardare i social sperando che siano loro a trovare la soluzione?

 

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Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

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