La festa paesana

Articolo all’apparenza molto personale, perché parla della festa del paese dove abito. Ma quella è solo un pretesto, perché questa  volta avevo bisogno di un motivo per inserire frasi, aforismi, testi di canzoni, sul tema delle feste.

Paese mio che stai sulla collina“. Frase (decisamente banale) ripetuta milioni di volte da un trio di cantanti che andava un tempo per la maggiore. Eppure, io, anche se abito per l’ufficio Toponomastica del mio Comune (altra bruttissima definizione) in Pistoia, nella realtà vivo proprio all’interno di quella frase.

Iano, frazione di Pistoia è il mio paese. Un antico borgo, un tempo segnato sulle carte come Jano, dall’omonima divinità Romana.

Ogni anno, da 24 anni, l’ultima settimana di luglio il locale Comitato Paesano organizza una serie di iniziative quali: giochi per bambini, tornei di briscola, serate di tombola e cinquina. Naturalmente non si vince niente, a parte forme di formaggio o pacchi di pasta, ma l’importante è stare assieme (dimenticavo di dire che il paese conta 158 famiglie). Poi, gli ultimi quattro giorni, gran finale con altrettante mega cene all’aperto. Tortelli, sugo, bistecche, dolci, tutto rigorosamente preparato e cucinato dai paesani, la fanno da padrone. E ogni sera oltre 400 persone provenienti in massima parte da “fuori”, si mettono “con le gambe sotto il tavolino”. Insomma, nel giro di una settimana, quel piccolo sonnolento e quasi dimenticato paese, viene “assalito” da duemila persone. E noi ne siamo contenti. Alla fine per dirla con una frase ultra scontata che non posso certo far mancare, siamo “stanchi ma felici”.

Ma non è certo quella sopra riportata una delle citazioni che voglio mettere in evidenza in questo articolo.

Come dicevo, il tema è la festa, qualunque tipo di festa, e dunque, per iniziare, leggete questa:

Senti, ma che tipo di festa è? Non è che alle dieci state tutti a ballare i girotondi ed io sto buttato in un angolo … no. Ah no, se si balla non vengo. No, allora non vengo. Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto, così, vicino a una finestra, di profilo, in controluce. Voi mi fate “Michele vieni di là con noi, dai” ed io “andate, andate, vi raggiungo dopo”. Vengo, ci vediamo là. No, non mi va, non vengo.

(Nanni Moretti nel film Ecce bombo)

Bellissima vero? Oppure queste, prese qua e la sul web:

Ad ogni festa ci sono due tipi di persone – quelli che vogliono andare a casa e quelli che vogliono restare. Il guaio è che di solito sono sposati tra di loro.

(Ann Landers)

Quant’era bello addormentarsi sul letto dei cappotti, alle feste.

(F. Archibugi)

Avanti con la danza! lasciate che la gioia sia sconfinata. Non dormite fino al mattino, quando la Giovinezza e il Piacere si incontrano per inseguire con i piedi danzanti le ore colme di eccitazione. Su con la danza!

(Lord Byron)

E la notte si riempirà di musica, e le preoccupazioni, che infestano i giorni,
leveranno le tende, come gli Arabi, e scivoleranno via in silenzio.

(Henry Wadsworth Longfellow)

A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e attraversare la strada, per diventare come matte, e tutto era bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravano ancora che succedesse qualcosa, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino, o magari venisse giorno all’improvviso e tutta la gente uscisse in strada e si potesse continuare a camminare fino ai prati e fin dietro le colline

(Cesare Pavese, La bella estate)

Le feste erano il mio ambiente di lavoro. Erano il mio mercato, il mio campo di battaglia, dove stringere amicizie, incontrare amanti, concludere affari. Le feste sembravano qualcosa di frivolo e casuale e privo di forma, ma in realtà erano eventi con forme intricate e coreografie di prim’ordine. Nel mondo in cui ero cresciuto, le feste erano la superficie su cui si svolgeva la vita quotidiana.

(Bret Easton Ellis)

Quelle sue feste scintillanti, abbaglianti, erano in me così vivide che ancora potevo sentire la musica e le risa tenui e incessanti provenire dal giardino, le macchine andare su e giù per il suo viale.

(Francis Scott Fitzgerald)

Dove non ci sono bambini non ci sono né feste né vita familiare.

(Rosa Luxemburg)

In tutte le feste il pubblico si divide in attori e in spettatori. Ma poi cambiano i ruoli. Chi prima parlava, ora sta zitto e tocca all’altro. Ma ci sono delle persone che non sanno assolutamente ascoltare. O parlano, o recitano sempre loro, o si stancano, diventano irrequiete, se ne vanno. Quando ce ne sono due di questo tipo allora scoppia, inevitabile, la competizione. Che spesso è sleale.

(Francesco Alberoni)

E quanta verità troviamo in questa frase di Erodoto, nella quale si racchiude molto di quello che in fondo pensano tutti gli organizzatori di eventi di qualsivoglia genere:.

“Poiché, se si proponesse a tutti gli uomini di  fare una scelta fra le varie tradizioni e li si invitasse a scegliersi le più belle, ciascuno, dopo opportuna riflessione, preferirebbe quelle del suo paese: tanto a ciascuno sembrano di gran lunga migliori le proprie costumanze.”

Però, dato che ho cominciato con le parole di una canzone, la fine di questo articolo spetta di nuovo a loro. E chiedo aiuto ad un mito della musica. Lui, il grande Lucio Battisti. Nella canzone “La compagnia“, rompe ogni schema e fa capire quanto la mente e il cuore siano in fondo assolutamente e disperatamente labili e volubili, pronti in ogni istante a farsi rapire da un nuovo perchè. Un amore finito, rimpianto, inconsolabile. Uno di quelli eterni, cantato in tantissime diverse forme sia in musica che in poesia. Uno di quelli per i quali si vorrebbe morire. E invece lui, il grande, stravolge tutto. Bsta un poco di musica, canti e allegria (una festa, tanto per ritrovare il filo del mio tema) per dimenticare tutto il dolore e ricominciare.

Troppo facile? Quasi cinico? Forse, ma non è proprio questa la vita? E allora, che la festa continui.

La compagnia – Lucio Battisti

Mi sono alzato
mi son vestito
e sono uscito solo solo per la strada
Ho camminato a lungo senza meta
finché ho sentito cantare in un bar
finché ho sentito cantare in un bar.

Canzoni e fumo
ed allegria
io ti ringrazio sconosciuta compagnia.
Non so nemmeno chi è stato a darmi un fiore
Ma so che sento più caldo il mio cuor
So che sento più caldo il mio cuor

Felicità.
Ti ho perso ieri ed oggi ti ritrovo già
Tristezza va
una canzone il tuo posto prenderà

Abbiam bevuto
e poi ballato
è mai possibile che ti abbia già scordato?
Eppure ieri morivo di dolore
ed oggi canta di nuovo il mio cuor
oggi canta di nuovo il mio cuor.

Felicità
Ti ho perso ieri ed oggi ti ritrovo già
Tristezza va
una canzone il tuo posto prenderà.

Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

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