L’errore. Ultima parte. Finisce qua il terzo e ultimo racconto.

Una stella era il tema sul quale ci siamo concentrati nelle… puntate precedenti, ricordate? E oggi ci siamo; siamo arrivati alla fine dell’intero racconto. In questo ultimo articolo vi svelo il finale. E sarà qualcosa che potrà sembrare assurdo, ma vi avevo avvisati. Quello che avete sinora letto è un racconto fantasy, anzi, sono tre storie fantasy (Il sogno, La stella della sera e L’errore), dove realtà e fantasia viaggiano di pari passo. Tutto è vero e tutto è ovviamente falso. Ma del resto una storia non per forza deve essere razionale; esattamente come lo è la vita.

L’errore – ultima parte

…Poi, parlava. Parlava al vento; parlava al vuoto che aveva davanti; al sole che tramontava, alle nubi che correvano veloci o sostavano immobili; mormorava qualcosa guardando davanti a sé, verso il cielo. La sua sembrava un’orazione. Eppure chi era stato in silenzio a osservarlo e aveva avuto la possibilità di ascoltare le sue parole, oltre a vederlo felice, sentiva che attraverso quel confuso mormorio lui stava realmente dialogando con qualcuno, che non era materialmente presente, ma che stranamente si trovava esattamente lì, accanto all’uomo che parlava. Ed era un dialogo a due voci, delle quali soltanto una era formata da parole e da suoni. L’altra era il respiro del vento, la luce calda del sole che lentamente lasciava il posto alla penombra, il profilo sempre più scuro dei monti tutt’attorno, il riflesso del mare lontano e l’oscurità, che assieme al sorgere della luna, avanzava lievemente dandosi il cambio con il fratello rovente nel guardare il mondo.

E con questa arrivavano, una dopo l’altra, milioni di stelle che riempivano il cielo di infiniti piccoli puntini luminosi. Ed era con uno di quelli che lui parlava.

Martina sapeva con chi dialogava il vecchio in quei momenti; o meglio, lei aveva imparato a riconoscere immediatamente tra quei milioni di minuscole luci quella alla quale ogni sera lui si rivolgeva.

Ecco laggiù la sua stella della sera pensò anche quella volta guardando Venere brillare sulla linea dell’orizzonte. Quella è la sua Principessa. Deve averla amata moltissimo per portare nel cuore un ricordo così grande.

Timorosa di violare con la sua presenza quel momento, si allontanò di qualche passo, andando a sedersi su una sedia metallica poco distante dall’uomo.

Caterina, una collega, le aveva già raccontato la storia di quel viaggio che l’uomo aveva fatto con la moglie e del tragico incidente in cui lei aveva perso la vita, quando, un pullman carico di turisti tedeschi aveva centrato in pieno la loro piccola utilitaria a noleggio, scaraventandola fuori dalla sede stradale e facendola precipitare sulla sottostante scogliera.

La donna era apparsa immediatamente gravissima e lui, ferito ma ancora in grado di muoversi l’aveva estratta dalle lamiere e vegliata a lungo sino all’arrivo degli ormai inutili soccorsi.

Quelle che però nessuno conosceva erano le loro ultime parole; bisbigliate in quel tragico momento quando disperato la stringeva a sé morente.

«La nostra stella…» gli aveva mormorato lei, tentando invano di trovare il suo sguardo prima di chiudere gli occhi «…ci ritroveremo lassù. Io… ti aspetterò, ma tu… non avere fretta… quella sarà la nostra nuova casa… e io la preparerò per quando tu arriverai, …ma… non subito… devi ancora fare qualcosa per me, …lo sai».

«Non andartene Principessa» gli aveva risposto singhiozzando «non voglio che tu te ne vada. Io non posso restare quaggiù da solo».

«Tu non sarai mai solo amore mio. Forse potrà sembrarti di esserlo, ma non lo sarai, perché io continuerò a starti vicino».

«Non voglio che tu vada» continuava a ripetere l’uomo sempre più disperato «manda prima me su quella stella; io sono già pronto. Ho già in mano quel biglietto senza ritorno. Ti scongiuro lasciami andare per primo. Preparerò io tutto quanto. E tu mi raggiungerai quando sarà il momento…».

«No, amore mio, è questo il mio momento. Da lassù io so che cambierò il tuo destino. Lo farò per te, per i nostri figli e per me. Dovrai pensare a loro, fino a quando non saranno pronti. Questo è il tuo compito ed è questo che desidero che tu faccia. Stai con loro fino a quando sarai sicuro che possono farcela da soli; e in tutto questo tempo pensami. Io sarò con voi. E ogni sera guarda spuntare la nostra stella… io sarò là, proprio al centro, e aspetterò le tue parole. E tu mi parlerai, e mi racconterai delle vostre vite».

«Ma… io…quando…?»

«Quando anche loro avranno una Principessa».

Il ricordo di quanto poco prima aveva sentito raccontare, unito al pensiero che aveva appena formulato, fece inumidire gli occhi della ragazza, che per un attimo distolse lo sguardo dall’uomo. Avrebbe voluto piangere, anche se in fondo non riusciva a capirne il reale motivo. Quello era un anziano come tanti altri che vivevano nella struttura, e ognuno di loro aveva una propria storia fatta di ricordi, di affetti, di drammi, piccoli o grandi che fossero. Ormai ne aveva ascoltati molti, ma nessuno l’aveva mai coinvolta come la storia di quella coppia e della loro stella.

Cercò di scacciare quel momento pensando a quando, qualche ora prima del loro incontro sulla terrazza, il vecchio aveva avuto una visita inaspettata: i tre figli erano venuti a salutarlo e a parlargli di loro, delle loro vite serene, del lavoro, delle rispettive famiglie.

«Guarda babbo» gli aveva detto la maggiore mostrandogli la fotografia di una neonata. «Questa è la figlia di mio nipote. La prima femmina di tutta la nostra famiglia da quando la mamma è volata in cielo. Ti ricordi di lui vero? Adesso, con la moglie Susan, sai quella bella ragazza inglese che una volta è venuta a trovarti, vivono nella tua vecchia casa e ne sono felicissimi».

L’uomo aveva guardato la foto e aveva risposto: «Ricordo tutto benissimo Sara. È davvero bella. E come l’hanno chiamata?»

«Princess» aveva risposto la donna ingoiando saliva e lacrime, certa che quell’unica parola lo avrebbe colpito.

 E lui ne era rimasto entusiasta. «Princess… Principessa…» aveva mormorato stringendo tra le mani diafane la fotografia. «Ringraziali. E quando la vedrai dalle un bacio anche per… noi».

Quell’incontro lo aveva quasi trasformato. E quando al termine della visita Martina era venuta a prenderlo per il loro solito giro, appariva raggiante. «È tempo che le racconti la mia storia» aveva detto e la ragazza ne era rimasta stranamente felice.

Adesso seduta sulla terrazza, quasi incantata dai ricordi del racconto appena ascoltato, dalle immagini che questo gli aveva suggerito e cullata da una leggerissima e tiepida brezza che accarezzava tutto, ascoltava rapita ciò che la sua mente le andava dicendo: «Una stella. Si ritroveranno su una stella» e in questo fantasticare appariva confusa e non riusciva a dare un senso logico a quelle parole che andavano formandosi nella sua immaginazione: «lui e lei di nuovo insieme, proprio come in una bella favola».

Infine, accortasi che il cielo era ormai scurito, tornò a guardare verso dove sapeva che si sarebbe trovato il vecchio, senza però riuscire a vederlo.

Adesso dove sarà andato? si domandò perplessa guardandosi attorno

Notò con sorpresa, poggiato alla ringhiera che dava sulla valle, il bastone di legno che l’uomo era solito usare per muoversi.

Il bastone, ma di lui nessuna traccia.

Istintivamente balzò in piedi, e senza sapere realmente il perché lo facesse, fissò il cielo cercando di individuare il pianeta Venere. Lo trovò immediatamente e lo vide brillare per un micro attimo di una luce più vivida.

«È veramente volato lassù?» mormorò speranzosa a se stessa per niente allarmata, ma anzi compiaciuta dall’aver notato quell’improvviso luccichio sulla stella che il vecchio ogni sera salutava.

Ma infine lo vide. Era accasciato al suolo, con la schiena poggiata a uno dei grandi vasi in cui vegetava la grossa pianta   rampicante che copriva il pergolato, e che per un attimo lo aveva nascosto alla sua vista.

Si avvicinò e si inginocchiò accanto a lui, notando che il suo viso era sereno. Aveva gli occhi chiusi e la bocca distesa in un sorriso di soddisfazione e si accorse immediatamente che ormai non respirava più.

La ragazza si alzò, si appoggiò al parapetto metallico e senza timore o pudore, guardando il cielo stellato parlò rivolta verso il nulla: «Ciao Principessa. Ormai lui sarà già con te nella vostra nuova casa, lassù, nella stella della sera. E adesso che siete nuovamente assieme, il vostro amore continuerà in eterno. Grazie di avermi lasciato in dono il ricordo di questa vostra splendida storia».

Infine, in cerca di qualcuno che potesse aiutarla a trasportare all’interno il corpo del vecchio, si avviò svelta verso il salone illuminato dove avevano già iniziato a servire la cena; ma prima di varcarne la soglia si voltò e nuovamente guardando il cielo mormorò: «Buonanotte Principessa e saluta da parte mia il tuo Principe gentile».

Enrico Miniati

Pubblicato da Enrico Miniati

Fiorentino di nascita vivo però da circa 20 anni a Iano, un minuscolo paesino sulla collina pistoiese. Scrittore per passione ho pubblicato 6 racconti di cui trovate sul blog le relative pagine.

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